Una ferita "imprevista"

Sono un’abitudinaria. Stessa spiaggia, stesso mare. Anzi: stessa casa, stesso lago.
Allo scoccare dell’estate, da ben 13 anni, inizia nella mia vita una danza rituale fatta di gesti ripetitivi e rassicuranti che mi portano verso luoghi e atmosfere a me ben note, al riparo da sorprese e, si spera, avventurosi imprevisti: atterraggio a Helsinki… un salto nella Finlandia del Sud… e poi via verso la città di Tampere. Sistemazione nel solito cottage, contemplazione del noto lago e quotidiane corse in bicicletta interrotte solo dalle consuete soste per i tipici “pulla” (fragranti dolcetti alla cannella). E la sera? Immancabile concerto d’organo nella mia chiesa preferita e un rapido, ennesimo, sguardo ai suoi meravigliosi dipinti: “La resurrezione” di Magnus Henckell e “L’angelo ferito” di Hugo Simberg.
“L’angelo ferito” di Hugo Simberg.
E’ l’estate 2021 e le mie certezze crollano…. quell’angelo ferito e indifeso, già tante volte contemplato, ora mi colpisce nel profondo. Come mai prima. Divenendo improvvisamente il centro e, quindi, il senso stesso del mio viaggio.
Rimango immobile davanti alla sua prostrazione, al dolore delle sue ali insanguinate, alla comprensibile umiliazione (così visibile dalla sua postura incurvata), di essere caduto tra gli umani… perdendo così la sua divinità.
In un attimo, la sua ferita è la mia ferita. Imprevista e travolgente. Com’è possibile?
“Ben arrivata!”, mi dico. Alla ricerca di una verità che stuoli di studiosi tentarono, per anni, di scucire al pittore simbolista finnico, ricavandone un’unica, sibillina, e insoddisfacente risposta: “Ogni uomo dovrà scorgervi, da solo, ciò che vi vuole vedere…” Un vero e proprio test di Rorshach!

Allora devo fare da sola. Non ho altra scelta. E, improvvisamente, ricordo la definizione di coscienza per la Medicina Tradizionale Cinese… uno Spirito universale, un grande Principio che tutto avvolge, il Soffio stesso della Vita che, all’atto del concepimento umano, prende dimora nel Cuore del nuovo individuo, divenendo Ling (Anima, coscienza individuale).
E così si realizza il miracolo: il Cielo scende nell’Uomo e l’Infinito diventa finito.
Da allora alberga in me, in tutti noi, una scintilla divina, sempre presente: stella cometa pronta a mostrarci la terra promessa, che altro non è se non la realizzazione della nostra vera natura di esseri umani e divini, al tempo stesso .
Tutto perfetto, allora!?
… e invece no.

Ci hanno pensato Adamo ed Eva a scombinare questo Giardino dell’Eden. Rifiutando l’Albero della Vita e i suoi tre rami unificatori, i nostri simbolici progenitori rifiutarono la sintesi tra la propria componente maschile e femminile, tra l’Anima e il corpo, tra la parte umana e quella divina. Scegliendo, invece, l’Albero della conoscenza del Bene e del Male, simbolo duale di un’eterna lotta interiore tra gli opposti, di una drammatica frattura tra l’Io umano e il Sé Superiore.
“Voragine incolmabile, tensione evolutiva… nessuno si disseta ingoiando la saliva…”: non saprei trovare parole migliori di queste (grazie, Lorenzo Cherubini Jovanotti!) per esprimere al meglio quell’inquietudine costante, quella ricerca tormentata e affannosa dell’Anima che reclama il suo Principio creatore. Che ne sia consapevole o meno.

Una tensione che si specchia e vede sé stessa negli occhi dell’ altro, in un gioco riflesso che, mai come in questo tempo, si fa pressante, nella sua urgenza di trovare finalmente una composizione.
Una trama a maglie ormai sempre più strette in cui ogni azione, pensiero, sensazione si riverbera all’esterno, generando un’inevitabile effetto domino.
In cui il tranello è dimenticarsi che quella maglia non è una prigione ma anche e soprattutto una rete di collegamento.
E mi sento improvvisamente responsabile, come quell’angelo che deve, in primo luogo, affrontare la sua ferita personale per ritrovare la via di casa.
E’ tempo per lui di un passo ulteriore, di una Maturità Spirituale da acquisire attraverso una difficoltosa ma proficua palestra di discernimento. Tra ciò che è reale e ciò che è solo un riflesso. Dovrà raccogliere le forze e sottrarsi alla confusione delle mille voci esterne, acquisendo una fermezza che nulla ha a che vedere con la rigidità e molto, invece, con la centratura e con il ricordo del suo Sé autentico, sepolto sotto lo strato delle mille maschere funzionali alla sopravvivenza.

Una metamorfosi che lo renderà capace di riconoscere un’Armonia divina sempre presente, seppur sottesa all’apparente Caos.
Scoprendo, così, il Principio della Sincronicità (introdotto dallo psicoanalista Jung e avvalorato dal fisico Pauli) , secondo cui ogni evento, anche il più incomprensibile alla logica umana, acquisisce il suo senso in una prospettiva allargata e, per così dire, spirituale.
E quindi “solo” della ferita di un angelo si tratta, “solo” di un imprevisto sulla mia strada. E io non sono solo quella ferita. Sono anche quel paio di ali. Incrinate ma non ancora spezzate. Sono il mazzo di bucaneve nascosto tra sue le mani, simbolo di rinascita e del riemergere della Bellezza.
E in un attimo lo sento: la mia, la nostra Divinità potrà forse offuscarsi, ma mai rescindersi. In quanto, senso stesso del nostro esistere.
“Vorrei che i miei dipinti toccassero i sentimenti più intimi delle persone e che li facessero piangere nel profondo del cuore…” era solito dire Simberg.
“Complimenti caro Hugo, missione compiuta! Il tuo angelo è stato omeopatico” penso, mentre sento su di me gli occhi di un imbarazzato gruppetto di finlandesi, sempre un po’ spiazzati e increduli di fronte all’emotività latina .
Tanto è tardi, me ne stavo andando… farò un salto alla solita birreria